SANREMO 2021, CI MANCA IVA ZANICCHI
Huffington Post - 6 marzo 2021
Tra le principali responsabilità politiche di Silvio Berlusconi c’è quella di avere distratto dalla musica leggera Iva Zanicchi, portandola prima in televisione e poi all’Europarlamento.
Signora del bel canto, la Zanicchi vinse Sanremo ben tre volte, in anni in cui le grandi voci al festival non mancavano: nel 1967 con Non pensare a me, nel 1969 con Zingara,
nel 1974 con Ciao cara come stai?.
Poco prima delle chiusure causa coronavirus, mi capitò di pensare a Iva Zanicchi visitando a Roma la casa museo di Mario Praz. Critico letterario leggendario (il saggio La carne, la morte
e il diavolo nella letteratura romantica è una delle pietre miliari del novecento), la sua casa straripa di oggetti artistici e antiche cose di praziano gusto.
A Mario Praz e alla sua casa, nel 1974, il regista Luchino Visconti si ispirò per il film Gruppo di famiglia in un interno, storia di un vecchio professore (interpretato da Burt
Lancaster) alle prese con dei vivacissimi vicini. Come commento musicale di una delle scene più intense, Visconti scelse la splendida Testarda io cantata da Iva Zanicchi: «La mia
solitudine sei tu / La mia rabbia vera sei sempre tu».
Tra i superospiti del festival mi sarebbe piaciuto ascoltare anche Iva Zanicchi. Preferibilmente senza marchiarla con l’antipatico sigillo del revival. Senza quelle invisibili pacche sulle
spalle, senza quei malcelati sorrisetti ironici con cui troppo spesso vengono presentate le vecchie glorie festivaliere. I cantanti da Sanremo non sono fenomeni circensi, sono professionisti
che il festival – qualsiasi cosa se ne voglia pensare – l’hanno fatto grande e di cui molti cantanti odierni non sembrano degni eredi.
Una delle canzoni più piacevoli di questo Sanremo è Musica leggerissima dei siciliani Colapesce e Dimartino. Cantano: «Metti un po’ di musica leggera / Perché ho voglia di niente /
Anzi leggerissima / Parole senza mistero / Allegre ma non troppo». Il problema è che certe canzonette non sono così sciocche quanto vorrebbero essere. A volte la sanno lunga. A volte celano
imprevisti misteri. A volte non sono leggerissime, Luchino Visconti l’aveva capito.