RANIERI E BRAVI: SONO LORO LE DUE CANZONI PIU' SANREMESI DI SANREMO
Huffington Post - 2 febbraio 2022
Il Festival della canzone italiana di Sanremo somiglia alla giurisprudenza britannica: più che su norme codificate una volta per sempre, si basa sulle convenzioni e sui precedenti. Di tanto in
tanto viene introdotta qualche modifica che con il tempo diventa una nuova consuetudine. Il pubblico sanremese è ontologicamente reazionario e in molti ancora rimpiangiamo le due vallette
dell’era Baudo (una bionda, una mora), a malincuore ci stiamo rassegnando alla formula di Amadeus che ogni sera si fa affiancare da una diversa presenza femminile.
L’inizio del festival non poteva essere più rassicurante: la splendida Ornella Muti, una bella scenografia con la scala di ordinanza (forse retaggio dell’avanspettacolo, forse simbolo mistico),
colorati mazzi di fiori sanremesi, Achille Lauro con una delle sue abituali sceneggiate trasgressive. Quest’anno lo spettacolo televisivo risulta agile e con il giusto brio e le canzoni sono al
centro della narrazione. Spiace solo che Nino Frassica venga sempre invitato come ospite, forse meriterebbe il ruolo di comico titolare. Si tratta di un autentico talento comico, non di un
cabarettista o di un animatore.
Il cast musicale della prima serata era sufficientemente diversificato, ma purtroppo non ha offerto grandi guizzi. Al primo ascolto le due canzoni più sanremesi mi sembrano Lettera di là dal
mare, bella melodia tradizionale travestita da dramma sociale per offrire a Massimo Ranieri la possibilità di una vibrante interpretazione, e l’intrigante Inverno dei fiori di
Michele Bravi, diario intimo di un giovane tormentato: «A volte il silenzio brucia come una ferita / Il cuore perde un colpo non respira sotto il peso della vita».
Un poco chiassosa Apri tutte le porte di Jovanotti, portata in gara da Gianni Morandi: sembra uno di quei pezzi studiati apposta per cantanti non troppo dotati e invece il grande Gianni
di voce ne ha da vendere. Piacevole Ti amo non lo so dire di Noemi, anche se da una brava interprete come lei a questo punto della carriera ci si aspetterebbe una virata verso territori
sofisticati alla Bertolt Brecht e Kurt Weill, piuttosto che verso le nenie di Mahmood.
Stasera tocca a Iva Zanicchi, l’Aquila di Ligonchio: speriamo faccia spiccare il volo al festival.