QUELL'URLO DI OLIVIA CHE SI ABBATTE' SULL'INFERNO DEI MANICOMI
Huffington Post - 27 luglio 2020
Ripercorrendo la carriera dell’attrice Olivia de Havilland, celebre per il film Via col vento e scomparsa ieri, il critico Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera loda la sua
interpretazione in La fossa dei serpenti. Diretto nel 1948 da Anatole Litvak, La fossa dei serpenti fu il primo film hollywoodiano sulla follia e contribuì a modificare la
legislazione psichiatrica in numerosi stati americani.
Con buona pace del dogma postmoderno dell’arte come gioco fine a se stesso, Mereghetti ci ricorda che sulla realtà le opere incidono eccome. L’arte incide molteplicemente: a livello sociale
quando sa essere persuasiva, a livello culturale concorrendo a determinare l’aria che tira, a livello spirituale trasformando in splendore estetico la nostra miseria quotidiana.
Lo spirito dell’arte soffia in modo ambiguo: non ha simpatia per le opere programmaticamente impegnate, per il politichese estetico, per la sociologia spicciola. Lo spirito dell’arte è
capriccioso.
Talvolta capita che una buona causa sociale sia difesa in modo efficace da un’opera, sulla carta, senza troppe pretese: nel 1961 Pietro Germi dirige il film Divorzio all’italiana,
deliziosa commedia di costume sul cosiddetto delitto d’onore, contribuendo al superamento di una legge barbarica.
Talvolta un letterato, scrivendo pagine di preziosa fattura, riesce a sensibilizzare davvero l’opinione pubblica: dobbiamo anche ai romanzi e agli articoli di Leonardo Sciascia la lotta alla
mafia e a certa antimafia.
Talvolta, invece, le carte in tavola si imbrogliano. La nostra tragedia nazionale Mani pulite, le cui conseguenze continuiamo a pagare, fu figlia anche della retorica antipolitica
propagandata per decenni da artisti di vaglia: il Pier Paolo Pasolini polemista corsaro, che voleva processare tutto il Palazzo in nome delle lucciole scomparse; Giorgio Gaber che, se fosse
stato Dio, avrebbe continuato a dire che Aldo Moro morto era corresponsabile della cancrena italiana; Francesco De Gregori che in una ballata definiva Craxi peggio di Nerone…
Il rapporto tra arte e realtà è dialettico, ingarbugliato, incandescente.