LE SFIDE VINTE DA TIZIANO FERRO E LUCA GUADAGNINO
Huffington Post - 21 novembre 2020
Ci vuole coraggio a cimentarsi con un classico della canzone italiana come E ti vengo a cercare. Ci vuole coraggio specialmente se ti chiami Tiziano Ferro e non godi di un
consolidato prestigio culturale. Ferro questo coraggio lo ha avuto e ha vinto la sua sfida.
E ti vengo a cercare è una canzone insidiosa: musicalmente aerea ma con un testo gravoso («Questo secolo oramai alla fine / saturo di parassiti senza dignità / mi spinge solo ad
essere migliore / con più volontà»). Fu incisa da Franco Battiato nel 1988 e nel 1996 ebbe una memorabile cover dei CSI, con un Giovanni Lindo Ferretti ieratico al suo meglio.
La versione di Tiziano Ferro, raccolta nel nuovo album Accetto miracoli: l’esperienza degli altri, propone un arrangiamento minimale che rievoca ma ghiaccia la sontuosa
orchestrazione originale, screziandola con sonorità contemporanee. Ferro canta a tutta voce le parole che Battiato rivolgeva a se stesso, Ferro carnalizza quello che Battiato spiritualizzava,
ma l’operazione funziona. E ti vengo a cercare viene aggiornata e letta in chiave personale, senza infliggere onta all’originale.
Ci vuole coraggio a cimentarsi con Suspiria, capolavoro horror di Dario Argento girato nel 1977. Ci vuole coraggio anche se ti chiami Luca Guadagnino e sei uno dei registi più in
forma del momento. Rispetto al cinema italiano Guadagnino è un eretico: rifugge dal sociologismo facilone, narra con mano leggera, rovista nel torbido mantenendo la giusta distanza. Anche
Guadagnino, realizzando due anni fa il remake di Suspiria, ha vinto la sua sfida.
Il film di Dario Argento è una favola gotica quasi astratta: una ragazza americana frequenta una scuola di danza tedesca gestita da una setta di terribili streghe. Guadagnino storicizza la
favola, ambientandola in una Berlino agitata da tensioni politiche e sociali, una Berlino realisticamente datata che filma però con glamour odierno. A livello formale il regista siciliano non
allude al film di Dario Argento, lo reinventa. La macchina da presa è nervosa ma controllata, senza virtuosismi, senza estetismi, senza manierismi. Il remake di Guadagnino ci mostra quanto il
citazionismo alla Quentin Tarantino sia roba stantia: farcire i film di omaggi e di plagi del cinema che fu è mero gigionismo culturale.
Per Tiziano Ferro e per Luca Guadagnino rifare significa attualizzare, leggere il passato con occhiali contemporanei, riempire la botte vecchia con vino nuovo. Rifare significa rischiare.