LA MACCHINA FUMASIGARI DI SOLDATI
Huffington Post - 6 giugno 2020
Da quando la letteratura è in mano all’industria editoriale, spesso gli scrittori protestano contro i signori del marketing: i libri non sono saponette da vendere. Effettivamente libri e
saponette sono incomparabili, ma sarebbe lecita una recensione incrociata tra un libro e un sigaro?
Quando ero ragazzo Mario Soldati aveva tutto per non appassionarmi. Erano gli anni ottanta, gli anni delle superfici traslucide e delle Lezioni americane di Italo Calvino. Con quei suoi
modi da vecchio gentiluomo settentrionale, con quei suoi papillon ostentatamente fuori moda, Soldati mi appariva un relitto ottocentesco. Come aggravante era pure socialista, che allora per me
era poco meno di un insulto.
Gli anni sono passati e nel frattempo di Soldati ho letto molto, con piacere e con profitto sempre crescenti.
Scrittore e regista cinematografico, Soldati non vinse il Nobel né l’Oscar ma ha ottenuto un riconoscimento postumo ben maggiore: un pacco di sigari con il suo cognome. Ecco dunque la mia
recensione incrociata tra il sigaro Toscano Soldati e il suo libro La messa dei villeggianti, recentemente ristampato da Bompiani.
La confezione dei sigari Soldati si presenta sobria ed elegante, con la sua firma stilizzata in primo piano e il suo ritratto che sfuma sullo sfondo. A livello grafico la copertina del libro è
meno accattivante, nonostante gli angoli arrotondati e la veduta del Lago Maggiore. Poco male, i libri non sono mica saponette.
Non conoscevo questi graziosi racconti pubblicati da Mondadori nel 1959. Scritti nella magnifica prosa soldatiana (nervosa, sapida, capricciosa), si tratta di racconti autobiografici che
trasvolano dai minimi piaceri della carne ai massimi dubbi dello spirito. Soldati sfoggia doti di sottile psicologo e inscena un ininterrotto esame di coscienza: un fuoco d’artificio di domande,
ipotesi di risposte, capovolgimenti di prospettiva, improvvise illuminazioni, autoconfutazioni… che divertono e infine contagiano.
Anche i sigari Soldati hanno una spiccata personalità, con un gusto morbido ma al tempo stesso scuro, con un aroma antico che evoca lo scrittore.
Una volta il giornalista Lino Jannuzzi mi raccontò che Soldati, nell’ultima fase della vita, non potendo più fumare per motivi di salute, si fece costruire una macchina fumasigari. La macchina
fumava al posto suo: bruciava il tabacco e diffondeva nello studio il profumo di sigaro. Pensavo fosse una sfiziosa leggenda culturale, ma ho appurato che la leggenda è vera. Come è vero che
Mario Soldati va diventando un classico del novecento letterario italiano.