IL DRAMMA SEGRETO DI ENNIO MORRICONE
Huffington Post - 5 dicembre 2020
Pochi musicisti novecenteschi hanno posseduto il senso del dramma come Ennio Morricone e un dramma segreto ha segnato il suo percorso esistenziale: il rovello di avere i numeri per
primeggiare come compositore di musica pura (la musica classica contemporanea, quella non al servizio dell’industria culturale) ma di avere preferito diventare un autore di colonne sonore
cinematografiche. La motivazione di questa scelta che Morricone talvolta dava, ovvero che teneva famiglia, risulta una spiegazione che non spiega davvero.
Con il dramma intimo del musicista inizia il bellissimo saggio Ennio Morricone di Italo Moscati, appena pubblicato da Castelvecchi. Al Conservatorio di Santa Cecilia Morricone
fu allievo del compositore Goffredo Petrassi, che anni dopo – lodando il tema del film Per qualche dollaro in più di Sergio Leone – così lo ammonì: «Recupererai, sono certo che
recupererai». Per Petrassi scrivere musica da film era un peccato veniale da cui bisognava riscattarsi.
Italo Moscati ci regala un racconto critico pieno di annotazioni poetiche, una cavalcata alata e incalzante come quella delle valchirie wagneriane (che Morricone non prediligeva, i suoi fari
erano Johann Sebastian Bach e Igor Stravinskij). Moscati sa tutto, lui c’era. Nel tratteggiare il grande party novecentesco che fa da sfondo alla travolgente carriera di Morricone, Moscati
sembra un Alberto Arbasino con qualche bollicina di champagne in meno ma con qualche sottigliezza in più.
Forse Morricone non doveva recuperare un bel niente. Forse il suo abbassamento alla musica cinematografica non fu una scelta economica ma una scommessa espressiva. Forse Morricone intuì che
la musica classica contemporanea si stava incamminando lungo una strada senza sbocco, volle fare retromarcia rispetto all’avanguardismo scontroso e settario dei suoi colleghi per recuperare
pathos e una più aperta comunicatività. Il cinema fu l’occasione propizia per sperimentare la sua scommessa calcolata. I musicologi di domani diranno se Morricone tradì una più alta missione,
o se la sua musica impura fu la vera musica classica contemporanea del secondo novecento.
Personalmente ho amato Ennio Morricone anche per il suo riserbo, per il suo viversi come altro rispetto al magico mondo dello spettacolo. Era una star internazionale, viveva a Roma a pochi
passi da piazza Venezia, eppure il suo nome non compariva nelle rubriche mondane: lasciava parlare la musica. Anche il suo funerale fu celebrato in forma scrupolosamente privata. Così vive un
vero artista. Così muore.