FINIS EUROPAE. COSI' MUORE IL SOGNO EUROPEO
Huffington Post - 23 maggio 2020
L’odierna crisi europea è innanzitutto culturale. Un impero multinazionale per consolidarsi ha bisogno di una legge comune e di un comune sentire: invece in questi decenni abbiamo unificato
codici e moneta, ma non abbiamo sintonizzato i nostri cuori in un unico afflato. Ecco dunque dilagare nel continente il mito della “finis Europae”: agitato come speranza salvifica dai sovranisti,
come minaccia apocalittica dagli unionisti.
Alberto Moravia, grande romanziere della realtà, già negli anni ottanta nel suo Diario europeo ammoniva: «La gloria di quest’Europa è stata in passato la diversità delle nazioni che la
componevano. Ora bisognerà vedere se l’Europa, dopo essere vissuta di questa diversità, saprà evitare di morirne».
Per favorire il rafforzamento di un comune sentire non sarebbero certo mancati i punti di riferimento. Quasi un secolo fa, in mezzo alla tempesta (guerre mondiali, tirannie, depressioni
economiche) Benedetto Croce pubblicava la Storia d’Europa nel secolo decimonono: centinaia di vibranti pagine per raccontarci che era stata la «religione della libertà» la forza motrice
delle vicende continentali postnapoleoniche. Oppure lo scrittore ceco Milan Kundera, che in diversi saggi si è interrogato sul destino del romanzo e sul destino europeo, concludendo che il
romanzo è stato il grande dono fatto dall’Europa all’umanità: il romanzo come strumento di comprensione dell’esistenza.
Alberto Moravia, Benedetto Croce, Milan Kundera: tre maestri di cultura europea. Il guaio è appunto che in questi decenni non abbiamo lavorato abbastanza per arrivare a una letteratura europea, a
un teatro europeo, a un cinema europeo… del cinema americano conosciamo persino i film di serie b, ma non sappiamo il nome del più grande regista sloveno. Possibile che il teatro estone
contemporaneo non abbia prodotto una commedia meritevole di essere apprezzata dal pubblico italiano? Chi è il più celebre poeta portoghese vivente?
Accanto alla moneta unica avremmo dovuto istituire, per tutti, lezioni di cultura europea. Come possiamo sperare, in questo drammatico momento, che popoli che non si conoscono davvero si aiutino
l’un l’altro per evitare di affondare insieme?
Non che siano mancate iniziative culturali d’eccellenza, ma le masse si sono dovute accontentare dell’Eurofestival. Causa coronavirus l’edizione 2020 è stata cancellata, ma sabato 16 maggio hanno
trasmesso una specie di festa della musica leggera europea, non competitiva e con i cantanti a distanza chilometrica tra loro. Diodato ha cantato nel silenzio innaturale dell’Arena di Verona
deserta. Davanti ai teleschermi, sbadiglianti, eravamo in pochi.
Così muore il sogno europeo.