DOMENICO TRISCHITTA E L'ANIMA DI CATANIA
Huffington Post - 2 settembre 2020
Quando nel 2011 realizzai il documentario “Sicilia di sabbia”, per raccontare l’isola tra mito e modernizzazione, come voci catanesi scelsi il filosofo Manlio Sgalambro e Domenico Trischitta, anima letteraria della città. Nel video, dopo avere assaporato in compagnia dell’attore Roberto Pensa una lussuriosa granita con panna, Trischitta legge la pagina più bella del suo romanzo “Una raggiante Catania”, sullo sventramento del quartiere San Berillo Vecchio, per consentire l’ammodernamento del centro storico.
Per la famiglia Trischitta e gli altri abitanti del quartiere fu una ferita esistenziale: vennero deportati nello squallido San Berillo Nuovo, «fiore all’occhiellodell’urbanistica satellitare degli anni Sessanta». Del vecchio quartiere rimasero in piedi solo le case delle prostitute:«Insomma, – ironizza Trischitta – quelli ci avevano lasciato il bordello e così piangevamo con un occhio».
Le pagine di Trischitta puzzano di realtà: di sudore freddo, di frutta marcia alla fine del mercato. La scrittura è carnale, ruvida. Le strutture narrative sono sghembe, moderniste: soggettività e oggettività si passano freneticamente la palla, ma manca la porta dove finalizzare l’azione di gioco. Trischitta è uno scrittore autentico, senza editing: i suoi libri sono ottimi manuali per non vincere i grandi premi letterari.
Il tema di molte sue pagine è il successo: agognato, mancato, sfiorato, acciuffato, sprecato, perduto. Ma tutti i suoi personaggi sembrano inconsciamente attratti dalla sconfitta, come se solo nella sconfitta si nascondesse la verità. Ricordano i personaggi di Louis-Ferdinand Céline: non a caso nel libro di racconti “Le lunghe notti”, Trischitta delinea dello scrittore francese un ritratto empatico e toccante.
Da qualche anno, per lavoro, Domenico Trischitta ha dovuto lasciare la Sicilia. Ogni volta che ritorno a Catania, sento che le manca qualcosa.