COM'E' INSIPIDA LA SICILIA DI CAMILLERI
Huffington Post - 4 luglio 2020
Tornare a Napoli è una festa: per gli occhi, per la testa, per il cuore. Ex suddito del Regno delle Due Sicilie, non posso che amare questa città signorile, organica, barocca. Mentre mi
abbandono all’incanto delle sue strade e delle sue piazze, mi domando se sia mai esistito, nella vita reale, un investigatore con l’impermeabile come quelli che vediamo nei polizieschi. Così
come la Napoli di certi registi o di certi cantanti, quella Napoli scamiciata, esplosa, decadente, a Napoli io non l’ho mai vista.
La città ha i suoi endemici malanni, ma in arte è decisivo il modo in cui le cose vengono rappresentate. Gli artisti sono sovrani, legittimamente giocano con gli stereotipi e con le idee che
circolano nell’aria, ma il luogo comune – l’immagine comune – a cui Napoli spesso viene ridotta, meriterebbe una class action partenopea per lesa bellezza.
Abbiamo un problema simile in Sicilia.
Andrea Camilleri era un amabile affabulatore e il suo commissario Montalbano un personaggio divertente, la serie televisiva una delle migliori produzioni Rai, ma la sua Sicilia, in Sicilia,
io non l’ho mai vista. Con le sue cartoline vista mare, con il suo espressionismo elementare, con la caponata «sciavuròsa, colorita, abbondante», Camilleri ha saturato l’immaginario
collettivo cristallizzando la Sicilia in un’immagine troppo comune.
I grandi scrittori siciliani della sua generazione seguivano la rotta contraria, decostruendo l’immagine comune della Sicilia: ecco quella mitica di Stefano D’Arrigo, quella onirica di
Gesualdo Bufalino, quella razionalista di Leonardo Sciascia, quella scientifica di Giuseppe Bonaviri, quella inquieta di Sebastiano Addamo. Loro oggi costituiscono il governo in esilio della
letteratura siciliana.
Il drammaturgo napoletano Eduardo De Filippo fu popolare quanto Andrea Camilleri. Rappresentò una Napoli sfaccettata e verace, manipolando gli stereotipi con sottigliezza. Natale in casa
Cupiello inscena una disputa sul presepe tra padre e figlio – all’uno piace, all’altro no – ma la stratifica con diversi significati. A me il presepe napoletano piace assai, mi piacciono
il babà, la pastiera, la sfogliatella, ma la caponata di Camilleri la trovo meno digeribile.